Il termine Spaghetti western nacque negli Stati Uniti per
indicare un fenomeno cinematografico durato circa quindici anni
(approssimativamente tra il 1964 e il 1978). Si trattava di lungometraggi in
lingua italiana, che nonostante la povertà dei mezzi e il budget ridotto sembravano
voler imitare i grandi western alla John
Ford. Generalmente venivano girati in Italia o Spagna. Solo in rarissimi
casi, dove in pratica c'erano più soldi a disposizione, la troupe si spostava
in altri paesi del Mediterraneo.
Il genere Western americano viene invece fatto risalire
addirittura a Buffalo Bill Cody, che
con il suo Wild West Show ebbe il
merito di riuscire ad esportare l’atmosfera delle praterie americane
(abbondantemente esagerata in alcuni casi) fino in Europa. Il West di frontiera
veniva visto come un ideale di libertà e di speranza e successivamente fu
ripreso da quasi ogni forma d'arte. Dall'inizio del XX° secolo gli angoli più
desolati di California, Arizona, Utah, Nevada, Colorado e Wyoming si popolarono di troupe che
intendevano immortalare quei paesaggi mozzafiato. I film western vennero divisi
in vari sottogeneri, ma l’età d'oro del western classico è rappresentata dalle grandi
opere di due registi, John Ford (che
sceglieva spesso come protagonista John
Wayne) e Howard Hawks. Ombre Rosse, un film di Ford del
1939, viene considerato la
Bibbia del genere western, segnando il confine tra il western
epico degli anni trenta (eroi poco realistici, in cui spesso i “cattivi” erano
gli indiani), e quello revisionista di Sergio Leone.
L'eroico John Wayne in "Ombre Rosse" |
Gli Spaghetti western ebbero il grande merito di imporsi sul
grande pubblico, costringendo anche il western americano a rinnovarsi per non
soccombere. Già dalla fine degli anni sessanta infatti gli americani dovettero
fare i conti con un regista italiano che pareva quasi impossibile da
sbaragliare: Sergio Leone. Per un pugno di dollari (1964)
fu il suo primo Spaghetti western e uno dei più famosi del genere, lanciando
nel firmamento delle star Clint Eastwood.
Non molti sanno che la trama di questo film in parte ricalca quella de La sfida del samurai di Akira Kurosawa (1961) e che il nostro
Leone si firmò per la regia come Bob Robertson, anglofonizzazione del
nome d'arte di suo padre Vincenzo (Roberto Roberti). I problemi di budget
(estremamente ristretto) non sembrarono preoccupare il nostro regista, il quale
riuscì nonostante tutto a presentare una visione del Far West violenta e
moralmente complessa, che da un lato rende tributo ai grandi classici di John
Ford, dall'altro se ne distacca nei toni. L'eroe vero e proprio, facilmente
riconoscibile e sempre nel giusto (rappresentato da John Wayne) viene sostituito
da una versione più sporca e moralmente confusa del pistolero, senza scrupoli e
sempre imbronciato (Clint Eastwood).
Clint Eastwood, Eli Wallach e Lee Van Cleef in “Il buono, il brutto e il cattivo” |
I due film successivi, Per
qualche dollaro in più (1965) e Il
buono, il brutto e il cattivo (1966) completano la "Trilogia del dollaro". Il budget a
disposizione di Sergio Leone iniziava a crescere con l'aumentare del successo,
ma erano tre i fattori fondamentali di questo boom: la bravura del regista, la
scelta oculata degli attori e le colonne sonore di Ennio Morricone. Il compositore italiano divenne famoso proprio
grazie alla Trilogia del dollaro,
accompagnando Leone in tutti i suoi film fino a C'era una volta in America (1984). Il suo C'era una volta il West era
stato progettato per essere l’ultimo western di Sergio Leone. Fu girato tra la Monument Valley, che da sempre
ispirava i grandi registi di western (non a caso esiste un punto panoramico
nella vallata dedicato a John Ford), l'Italia e la Spagna. Il film fu una
meditazione violenta e quasi onirica sulla mitologia del Far West e ad esso
collaborarono anche altri due grandi registi, quali Bernardo Bertolucci e Dario
Argento, all'epoca quasi sconosciuto. La sceneggiatura e l’intero film
furono ritoccati e modificati più volte dagli Studios, tanto che ne esiste una
versione più corta di ben 165 minuti. Soltanto quando anni dopo fu permesso al
regista di lavorare nuovamente sulla pellicola, creando una versione da 175
minuti, C’era una volta il West
divenne il capolavoro che oggi tutti conosciamo. Insieme a Il buono, il brutto e il cattivo rappresenta il caposaldo
del genere western… italiano, sebbene fosse stato finanziato dagli Studios
americani.
Charles Bronson, Jason Robards e Henry Fonda in “C’era una volta il West”. Sullo sfondo la ferrovia che rappresentava la fine dell’epoca dei cowboy. |
Esattamente, avete letto bene. I film di Sergio Leone
vengono spesso etichettati come “Western”, implicando che siano annessi al
genere americano. In realtà si tratta di Spaghetti western in tutto e per
tutto, sebbene avessero un taglio diverso rispetto alle parodie di Bud Spencer e Terence Hill. Solo nel 1970 infatti venne lanciato quello che
divenne lo Spaghetti western comico più famoso del genere: Lo chiamavano Trinità. Si trattava di una sobria e
divertente parodia dei film alla Sergio Leone, che mescolava le più classiche
sparatorie con le scazzottate che erano il marchio di fabbrica della coppia
Spencer & Hill. Molti sostengono che nella colonna sonora di questo film,
firmata Franco Micalizzi, si celi lo zampino di Ennio Morricone, in
quanto alcuni passaggi del tema principale sarebbero identici a quelli di Giù la testa. Non è dato sapere
se si trattasse di una semplice "ispirazione" o se i due lavorarono
realmente insieme, di certo la colonna sonora aiutò il successo di questo film,
tanto che l'anno successivo fu prodotto un sequel ... continuavano a chiamarlo Trinità. Nel 1995 attori e
regista provarono a replicare il successo dei primi due film con Trinità & Bambino… e adesso tocca a
noi! il quale si rivelò però una mera operazione nostalgia che
qualitativamente non poteva essere assolutamente paragonata al primo capitolo
della saga.
Bud Spencer e Terence Hill in “Lo chiamavano Trinità" |
Nel 1971 Franco
Ferrini pubblicò un articolo sulla rivista Bianco e Nero in cui individuava quelle che secondo lui erano le
distinzioni fondamentali tra il western all'italiana e quello classico. Il suo
pensiero si può riassumere dicendo che nei western all'italiana il protagonista
non è quasi mai un eroe, ma un antieroe mosso da interessi personali quali ad
esempio il denaro, invece che dagli ideali tanto cari a John Ford. A differenza
dal western classico, quello italiano è molto meno moralista, le scene sono più
cruente e i personaggi molto più cinici. Il risultato è un'immagine molto meno
romantica e più dura dell'Ottocento nell'Ovest americano. Probabilmente il
fatto che i registi e il pubblico a cui erano destinati i film non fossero americani
ha aiutato il distacco dagli stereotipi nazionalisti e nostalgici del Western.
Il mito del Far West veniva quindi messo in discussione dalla nuova formula
italiana, ma all'iniziale diffidenza da parte degli americani seguì un adattamento
e una revisione anche da parte loro, segno che gli Spaghetti Western hanno avuto un’influenza sul cinema americano più
forte di quella che si potrebbe pensare.
Alcuni critici sostengono che uno degli ultimi film del
filone western revisionista sia Gli
Spietati (1992). Clint Eastwood è qui presente nel doppio ruolo di
attore e regista, passando di fatto dietro la macchina da presa e mettendo in
pratica quanto imparato sui set di Leone. Pochi sanno infatti che nei titoli di
coda Eastwood inserì una dedica "a
Sergio e Don", ringraziando i due maestri Sergio Leone e Donald
Siegel. Gli altri interpreti di questa storia dura e disillusa erano Gene Hackman, Morgan Freeman e Richard
Harris. Il film ricevette nove nomination agli Oscar, vincendo ben quattro
statuette (tra le quali quelle per Miglior film e Miglior regia).
Si tratta del terzo western della storia ad aver vinto un
Oscar per il miglior film, dopo I
pionieri del West (1931) e Balla
coi lupi (1990).
Noi appassionati del genere aspettiamo ancora un altro
Western degno di tale nome.
Morgan Freeman e Clint Eastwood in “Gli Spietati”. |
Articolo di Gilraen81 pubblicato in origine su Gdr-Online il portale dei giochi di ruolo italiani.